La migrazione umana è un tema che ha da sempre attirato la mia attenzione, ho cercato quindi di raccontare le mie esperienze attraverso la fotografia. Senza dover andare molto lontano, sono partita da quello che mi circonda, la mia famiglia, e indagando ho scoperto che anche io ho dei parenti emigrati. Migranti italiani che sono andati via dalla loro terra d’origine, Gravina di Puglia, un piccolo paese in provincia di Bari, in cerca di un futuro migliore. Ho deciso di iniziare questa avventura proprio per ripercorrere il viaggio che mia nonna intraprese 80 anni fa, che aveva come destinazione la capitale dell’Argentina, Buenos Aires

Prima di partire per questo viaggio che mi avrebbe portato oltreoceano, ho cercato di raccogliere tutte le informazioni disponibili qui in Italia. Cercando di capire i motivi che avevano spinto la famiglia di mia nonna a partire verso un posto così lontano, sono riuscita a ricostruire gran parte dell’albero genealogico, ma i rami mancanti si trovano a Buenos Aires. Quindi per completare la storia della mia famiglia, sono partita per l’Argentina.

Questa esperienza è stata un motivo di crescita e di scoperta. Il tema della migrazione italiana in Argentina è stato il fulcro del mio progetto, ed incontrare persone che questa migrazione l’hanno vissuta direttamente o indirettamente mi ha aiutato a comprendere moltissime cose. 

Ho cercato di far emergere la parte più emotiva ed emozionale dei soggetti di questa migrazione. Ho provato ad immedesimarmi in loro. Tutti hanno raccontato di essere partiti con un sentimento di sconfitta, costretti, come se dovessero giustificare a noi e a chi è rimasto, il perchè hanno preso la scelta di partire. Sono arrivati in una terra sconosciuta, incerti sul loro futuro, ma si sono integrati con coraggio, accettando qualsiasi tipo di lavoro.

Le motivazioni sono sempre le stesse.

In Italia non c’era lavoro, non riuscivano più a mantenere la famiglia e per cercare di sopravvivere sono partiti, nessuno era felice di lasciare la propria terra di origine. I racconti delle tante persone che ho intervistato mi hanno fatto riflettere molto: hanno dovuto lasciare la loro casa, il loro paese e la loro famiglia, nella speranza di trovare un futuro migliore.

Tutto questo mi ricorda quello che accade oggi in Europa.

Ho scelto di fare questo viaggio per capire com’è possibile dimenticare così velocemente che noi siamo figli e nipoti di migranti. 

Siamo sempre pronti a celebrare gli eroi delle guerre, i morti per la patria, e mai chi da questa stessa patria è stato costretto a partire per terre lontane a causa di quelle guerre. Essere costretti a emigrare, è in modo diverso, peggio del perdere una guerra. È una sconfitta senza onore a cui non segue una ricostruzione e per di più è una sconfitta dove il nemico siamo noi stessi. 


Perché si può ripartire, trovare un nuovo lavoro, un posto dove ci si senta sereni, avere una rivincita. Ma non si avranno mai le stesse emozioni provate nel luogo che si chiamava casa.

Per questo io non voglio dimenticare.

Claudia Rolando